10 agosto 2007

Afta epizootica

LONDRA, 7 AGO- E' 'molto probabile' che la fonte dell'afta epizootica sia un centro di ricerca, secondo un rapporto preliminare britannico. L'agenzia sanitaria inglese rivela che la fonte del virus nel sudovest dell'Inghilterra sia un centro di ricerca sulle malattie animali vicino alle due fattorie contaminate. L'allarme aveva fatto scattare in tutta l'Unione europea sono scattate misure contro il virus, come la messa al bando di carni e derivati targati Gb.

LONDRA, 10 AGO - Le autorita' britanniche sono preoccupate per un possibile nuovo focolaio di afta epizootica, nella regione a sudovest di Londra. Nello stesso luogo sono stati scoperti gli altri due. Il capo dei Servizi veterinari britannici, Debby Reynolds, ha affermato che non sono state ancora effettuate le analisi necessarie e che ci sono solo 'lievi segni clinici di infezione'. Non e' stata ancora accertata l'origine dell'infezione, ma il virus potrebbe provenire da 2 laboratori vicini.

Estinto il delfino bianco

(ANSA) - LONDRA, 8 AGO - E' stato dichiarato ufficialmente estinto il delfino del fiume Yangtze in Cina, comparso sulla terra circa 20 milioni di anni fa.
Studiosi cinesi e britannici hanno setacciato in lungo e largo lo Yangtze e non ne hanno trovato neanche uno. L'ultimo delfino di acqua dolce di questa delicata specie mori' in cattivita' nel 2002. Era considerato il mammifero più raro del mondo, è sopravvissuto per venti milioni di anni, ma ora i biologi non hanno più dubbi, non ci sono più esemplari del delfino dalla pinna bianca, detto «baiji» nel fiume cinese dello Yangtze
.

A condannare a morte il baiji sono state le miriadi di navi che hanno trasformato lo Yangtze in una sorta di autostrada intasata di container, chiatte per il trasporto di carbone e barche a motore, rendendo completamente inutile il sistema di ecolocazione (sonar), che il cetaceo usa per orientarsi nelle torbide acque del fiume. E quando non erano le reti e gli ami dei pescatori ad intrappolarlo e a ferirlo, il delfino soffriva per l'inquinamento che avvelenava il suo habitat e per la nuova diga delle Tre Gole che, dal suo completamento nel 2003, ha provocato il declino dei piccoli pesci di cui si cibava.
Altre specie sono a rischio lungo il fiume Yangtze, tra cui l'alligatore
(Alligator sinensis) che viene ancora servito nei ristoranti cinesi, la salamandra gigante dello Yangtze e due diverse specie di storione. Mentre del pesce spada cinese non si registrano avvistamenti già dal 2003.

18 giugno 2007


16 giugno 07 - Afghanistan, Emergency: «Hanefi è libero» Prosciolto l'operatore dell'ospedale di Gino Strada finito nelle mani dei servizi segreti afghani dopo la liberazione di Mastrogiacomo

Con la liberazione di Rahmatullah Hanefi si fa più vicino il ritorno di Emergency in Afghanistan. Lo conferma Gino Strada in un'intevista al la Stampa: "Abbiamo sempre detto che saremmo tornati in Afghanistan se Rahmatullah veniva liberato e se venivano garantite le condizioni di sicurezza. Valuteremo se a questo punto sono state raggiunte", ha detto Strada, che non ha voluto fare una previsione sui tempi: "E' prematuro. Ma non saranno tempi lunghi. Il nostro interesse è tornare in Afghanistan al più presto".

20 aprile 2007

APRIAMO ALLA PACE

21 aprile '07 - Emergency lascia l'Afghanistan
Emergency se ne va dall'Afghanistan, ma dall'Italia non viene meno il sostegno ai progetti in atto. Anche Venezia, come altre città, ha allestito sabato scorso un presidio in campo San Geremia davanti alla sede della Rai, per richiedere la liberazione immediata di Rahmatullah Hanefi, responsabile afghano dell'ospedale di Emergency a Lashkar-gah. Rahmatullah aveva dato il suo prezioso contributo alla liberazione del reporter italiano Daniele Mastrogiacomo, ma ora il governo di Karzai lo detiene in carcere, considerandolo piuttosto (questa l'accusa ufficiale) un complice dello stesso sequestro.
Il personale internazionale di Emergency si è trovato così costretto a lasciare le strutture sanitarie per ragioni di sicurezza. Emergency in Afghanistan rappresenta l'unica rete sanitaria con tre centri chirurgici, un centro maternità, 28 posti di primo soccorso soccorso. A Kabul inoltre da un anno è in funzione l'unica tac di tutto l'Afghanistan.


20 aprile '07 - APRIAMO ALLA PACE: una chiave per Rahmatullah Hanefi

A partire da venerdì i molti cittadini che hanno sostenuto i programmi umanitari di Emergency in Afganistan potranno dire, depositando la loro chiave, che non dimenticano la condizione di Rahmatullah, di Emergency ed il terrore della guerra che continua a colpire ogni giorno nel Paese non risparmiando niente e nessuno.
Lo farà la presidente Teresa Sarti inaugurando una struttura a P.za Farnese, in pieno centro storico a Roma.
Porteranno la propria anche Antonio Di Bella, Vauro Senesi, Massimiliano Fuksas, Michele Santoro, Sandro Ruotolo, Erri De Luca, Gianni Cipriani, Furio Colombo, Gabriele Polo, Sabina Guzzanti, Ezio Mauro e Chantal Mastrogiacomo.

19 aprile '07 - Nota ufficiale di Kabul
Kabul diffonderà i verbali delle interrogazioni al mediatore di Emergency nel sequestro Mastrogiacomo, Hanefi, ancora nelle carceri afghane dopo la liberazione del giornalista. E lo farà al termine del procedimento legale. Lo comunica in una nota l'ambasciata afghana a Roma. Hanefi, prosegue la nota, "è sotto interrogatorio per non aver rispettato la legge" affermando che gli interrogatori sono a norma di legge afghana.
L'ambasciata afghana in Italia ha inoltre espresso parole positive nei confronti dell'operato dell'associazione fondata da Gino Strada.
Nella nota si legge: "Da parte del governo e popolo afghano, esprime la sua sincera gratitudine a Emergency ed al suo staff per i suoi nobili e umanitari servizi'' e ''il governo ed il popolo afghano si augurano che questa attività umanitaria riprenda le sue funzioni il prima possibile".
19 aprile '07 - Sit-in ambasciata afgana
Ci aspettiamo che il governo italiano faccia un gesto diplomatico ufficiale''. Lo ha detto Teresa Sarti Strada, presidente di Emergency al sit-in di fronte all'ambasciata afgana. La manifestazione e' stata organizzata per chiedere la liberazione di Rahmatullah Hanefi. ''Abbiamo richiamato il personale italiano di Emergency dall'Afghanistan dopo le accuse infamanti che ci sono state rivolte - ha spiegato la moglie di Gino Strada - Se il governo Karzai non smentisce questa infamia dovremo chiudere tre ospedali e 26 punti di primo soccorso''.

13 aprile '07 - Staff internazionale di Emergency uscito dall'Afganistan
Una parte dello staff internazionale di Emergency che per motivi di sicurezza ha lasciato l'Afganistan, da Dubai, dove è dapprima convenuto, nei prossimi giorni raggiungerà alcune sedi delle attività di Emergency in Cambogia, Sierra Leone e Sudan.
Altri componenti dello staff afgano continueranno a seguire i nostri ospedali, in Panshir, a Kabul e a Lashkar-Gah, e le cliniche ad essi collegate, per consentirne il miglior funzionamento possibile in questa fase, e per fare il possibile perché sia superata la situazione attuale.
Alcuni, infine, rientreranno in Europa, essendo imminente la scadenza prevista del loro impegno in Afganistan.

EMERGENCY_Wikipedia
Gli obiettivi di Gino Strada e degli altri fondatori dell'associazione sono da sempre chiari e trasparenti: prestare assistenza medico-chirurgica gratuita alle vittime dei conflitti armati.
Emergency è sempre assolutamente neutrale in qualsiasi conflitto, non si chiede se ci siano "buoni" o "cattivi", ma vede solo persone che hanno diritto ad una dignità e ad essere curate.
Oggi Emergency è presente in Cambogia, Afganistan, Iraq, Sierra Leone dove costruisce e gestisce ospedali per i feriti di guerra e per emergenze chirurgiche, centri per la riabilitazione fisica e sociale delle vittime di mine antiuomo e altri traumi di guerra, posti di primo soccorso per il trattamento immediato dei feriti, centri sanitari per l'assistenza medica di base. Dal 2002 ha iniziato interventi a Jenin in Palestina e a Medea, in Algeria, in Sudan, in Nicaragua e in Kosovo (in questi ultimi due fornendo medicinali a strutture esistenti).

http://it.wikipedia.org/wiki/Emergency

27 marzo 2007

Forza Gino

Naturalmente l'unica cosa certa è che Gino Strada, ancora un'ultima foglia di fico dell'ipocrisia, invece di ricevere ponti d'oro come meriterebbe, per il servizio reso ad Ippocrate e alla Verità, viene ora usato come bersaglio.

http://www.emergency.it/appello/

3 marzo 2007

Abbidubbi

Riporto di seguito un articolo trovato su web.
Pare che l'invasione mass-mediatica produca più dubbi che certezze.
Il parere di chi dirige questo Blog è che il disastro 9/11/01 sia dovuto più ad un colpo di mano di estremisti, prodotto di troppe bugie e vigliaccate.

La convinzione che Osama Bin Laden sia il responsabile degli attentati dell’11 settembre è radicata nel conscio e nell’inconscio delle persone come poche altre cose. E’ Bin Laden la risposta che tutti hanno a disposizione per rispondere alle migliaia di domande che questa epoca storica richiede e per far passare in secondo piano molte altrettanto importanti. E’ stato Bin Laden a "creare" il terrorismo che ci minaccia, ed è stato lui ad attaccare. E’ lui che organizza e coordina i movimenti ceceni, irakeni, afgani, indonesiani, egiziani, palestinesi; è lui che semina odio e recluta terroristi fra i nostri quartieri, le nostre scuole, le nostre moschee; è lui la ragione delle centinaia di migliaia di vittime della pax americana, della diffidenza e della xenofobia, della sospensione specie nei paesi anglosassoni dei diritti. E’ lui, con le presunte prove a suo carico e le altrettante presunte rivendicazioni, il freno ad ogni dubbio sui mille particolari che per qualche motivo non tornano riguardo all’11 settembre.

Eppure, e lo dovessimo processare oggi, come afferma con tutta chiarezza la stessa FBI, non avremmo una sola prova concreta che potrebbe reggere l’accusa di fronte a un tribunale. Bin Laden, anzi, potrebbe querelare ...
... l’intero occidente per calunnia. E la migliore corte immaginabile, nel top della civiltà quale è lo stato di diritto all’occidentale, gli darebbe senza ombra di dubbio ragione.

La storia, si dice, la scrivono i vincitori. Bene: noi stiamo assistendo sotto i nostri occhi alla scrittura di una storia che, ad oggi,rimane un racconto di fantasia. Benché azzardare una qualsiasi versione alternativa rimanga praticamente un tabù, i fatti e le indagini spingono in un’unica direzione: Bin Laden non ha nulla a che vedere con l’11 settembre. Una giustizia giusta, in occasioni simili, proverebbe a battere piste diverse.

Basta controllare sul sito dell’FBI per rendersi conto che Bin Laden è ricercato "unicamente" in relazione alle esplosioni del 7 agosto 1998 alle ambasciate degli Stati Uniti di Dar Es Salaam, Tanzania, e Nairobi, Kenya. Secondo l’ FBI, questi attacchi hanno ucciso oltre 200 persone. L’ FBI conclude i suoi motivi per "ricercare" Bin Laden dicendo, «Inoltre, Bin Laden è sospettato di altri attacchi terroristici in ogni parte del mondo».

La nostra percezione, grazie all’onestà intellettuale dei media e dei nostri degli rappresentanti, è però diametralmente opposta. La certezza assoluta della colpevolezza di Bin Laden è stata brandita per anni sulla reputazione di chiunque ha provato a sollevare un solo dubbio sull’effettiva paternità dell’attentato o sulla "Guerra al Terrorismo", i cui risultati disastrosi sotto ogni punto di vista (sicurezza globale, economia, condizioni della popolazione, diritti umani) sono sotto gli occhi di tutti. La certezza che Bin Laden abbia rivendicato l’attentato e che la sua regia sia stata dimostrata è una credenza diffusa che stoppa in partenza ogni opinione divergente. Al contrario Bin Laden non ha mai rivendicato in maniera credibile l’attentato: si è dichiarato all’oscuro di tutto più volte e, anche in preda alla disperazione, non si è spinto oltre l’espressione di soddisfazione per l’attentato senza lasciare intendere un suo coinvolgimento. Senza prove e senza confessioni nulla, se non teorie campate in aria e sostenute da ignoranza o da forte malafede, lega Osama Bin Laden all’attacco all’America che ha aperto l’epoca della guerra perenne al terrorismo.

«Bin Laden non è stato formalmente accusato in relazione all’ 11-9» ha chiarito Rex Tomb, uno dei portavoce dell’FBI, al Muckraker report. «L’ FBI raccoglie prove –ha spiegato- Appena le prove sono state messe insieme, vengono girate al Dipartimento di Giustizia. Il Dipartimento di Giustizia poi decide se ha abbastanza prove da presentare ad un grand jury federale. Nel caso del bombardamento del 1998 alle Ambasciate degli Stati Uniti, Bin Laden è stato formalmente accusato e incolpato da un grand jury. Non è stato formalmente accusato e incolpato in relazione all’ 11-9 perché l’FBI non ha una forte prova che lega Bin Laden all’ 11-9». (link)

Per quanto possa sembrare assurdo si tratta semplicemente di una conferma. Così scriveva la BBC nel maggio 2002, dopo 7 mesi di indagini a "tutto campo".

«Ufficiali dell’intelligence USA hanno ammesso di aver fallito i tentativi di portare alla luce qualsiasi pista che conducesse agli attacchi dell’11 settembre. Il capo dell’FBI ha detto che dopo 7 mesi di implacabile lavoro l’America non ha trovato alcuna prova riguardante alcun aspetto degli attacchi a New York e Washington. Robert Mueller, direttore dell’FBI, ha spiegato che i suoi agenti hanno inseguito centinaia di migliaia di indizi e controllato ogni documento sul quale sono riusciti a mettere le mani, dalle prenotazioni di volo ai noleggi d’auto ai conti bancari. Hanno cacciato fra le grotte in Afghanistan e fra le ricevute di carte di credito in America ma il meglio dell’intelligence americana è stata umiliata da 19 dirottatori di Al Qaeda, rivelando quanto poco l’America sa riguardo agli attacchi dell’11 settembre».

Dopo altri quattro anni di indagini "a tutto campo" nulla è cambiato: 19 uomini, dopo aver compiuto irripetibili acrobazie per i cieli dell’America e sbeffeggiato il mondo intero con una dozzina di miracoli, non hanno lasciato una sola seria traccia della loro opera.

Potremmo fermarci qua e avremmo già abbastanza motivi quantomeno per arrossire. E’ importante invece, prima che la storia venga riscritta, analizzare e raccogliere le non prove, le non rivendicazioni e le evidenze fasulle che il mondo intero ha accettato senza un battito di ciglia. Basta ripercorrere i momenti successivi all’11 settembre per accorgersi –giusto per iniziare- che Bin Laden non ha mai rivendicato l’attentato negando anzi –in linea con i Talebani- ogni suo coinvolgimento. E se Bin Laden non ha nulla a che fare con l’11 settembre e non esiste alcuna prova concreta si un suo ruolo nella preparazione degli attentati, come l’FBI dice, ciò significa necessariamente che è stato qualcun altro.

Non spetta a noi, ai nostri limiti di comuni cittadini indagare e tracciare conclusioni. Ma quello di rimanere sull’attenti, evitando di essere tirati per il naso, è forse l’ultima alta libertà che la "civiltà" ci concede.

10 febbraio 2007

5 febbraio 2007

This and this and this more...

Mine antiuomo


Annuncio della Casa Bianca
Il 3 agosto 2006, Human Rights Watch ha annunciato che l’amministrazione Bush è intenzionata a riprendere la produzione di mine antiuomo per la prima volta dal 1997.
Il Pentagono ha richiesto un totale di 1.3 bilioni di dollari per un nuovo tipo di mine terrestri (anti-carro e anti-uomo).

La Convenzione di Ottawa
Alla fine del '97 nella conferenza ad Ottawa è stato raggiunto un accordo per il bando totale di queste armi. Il trattato ha finora ottenuto la firma di un elevato numero di paesi partecipanti e tra questi l'Italia (ma non ancora quella di paesi importanti quali gli USA e la Cina).
Nel dicembre 1997 il premio Nobel per la pace e' stato conferito alla Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo ed alla sua portavoce Jodie Williams.
Tra i paesi che non hanno firmato la convenzion e di Ottawa per la proibizione dell’uso, dello stoccaggio, della produzione e del commercio delle mine antipersona e per la loro distruzione vale la pena di ricordare: Cuba, Stati Uniti, Russia, Turchia, Egitto, Israele, Marocco, Eritrea, Somalia, Nigeria, Cina e India.

Secondo i dati del rapporto 2000 ci sono oltre 250 milioni di mine negli arsenali delle forze armate di 105 paesi, in particolare Cina [110 milioni] e Russia [60/70 milioni]. Tra gli stati firmatari l’Italia mantiene il primato del numero di mine conservate nei magazzini delle forze armate [4,8 milioni].

Tra i 138 paesi firmatari, solo 48 stati hanno provveduto a pubblicare un rapporto sulla stato di attuazione della convenzione pur essendone tutti obbligati.
Il problema dello sminamento
Questi risultati, per quanto significativi, non devono far perdere di vista le dimensioni del problema, infatti, anche se queste armi fossero definitivamente messe al bando in tutto il pianeta resterebbe ancora aperto il problema dell'eliminazione delle mine già disseminate in un gran numero di paesi.
La produzione delle mine antiuomo è stimata in 5-10 milioni ogni anno, ripartita su un centinaio di produttori in 55 paesi. Il numero di mine distrutte ogni anno nelle operazioni di sminamento, si colloca invece, tra 100.000 e 200.000. Con questi ritmi, occorrerebbero centinaia di anni per eliminare completamente questi ordigni dai paesi nei quali essi sono presenti.
L'impatto delle mine antiuomo sulla vita delle popolazioni locali è in realtà devastante dal momento che la loro presenza rende impraticabili all'agricoltura e alla mobilita' vasti territori con effetti economici e psicologici enormi. Per non parlare del peso che tutto ciò impone al sistema sanitario e sociale dei paesi più colpiti, le cui condizioni finanziarie, come e' facile immaginare, sono spesso drammatiche. Ad esempio il costo degli arti artificiali necessari ad una persona mutilata da una mina viene stimato oggi attorno a 3000 dollari. Se si tiene conto del gran numero di questi invalidi (ad esempio in Cambogia, sul cui territorio si stima che vi siano fra 4 e 7 milioni di mine, una persona su 236 e' stata mutilata da una mina), si può avere un'idea delle dimensioni del problema.

Paesi più colpiti
Cambogia, Afganistan, Angola, Mozambico, ex-Jugoslavia, Sudan, Somalia, El Salvador, Kurdistan, Kuwait.

Vittime tra i civili
Per sminare completamente l'Afganistan agli attuali ritmi occorrerebbero circa 4.300 anni.
Un'indagine (fonte: Croce Rossa Internazionale) realizzata in Afghanistan sui feriti delle mine antiuomo chiarisce che la maggioranza delle vittime mine sono civili. Solo il 13% dei feriti era costituito da militari.
Sulla base dei dati risulta che le vittime della guerra oggi sono:
7% i combattenti 34% i bambini 26% gli anziani 16% le donne 17% gli uomini civili
Nella prima guerra mondiale, all'inizio del secolo, i civili rappresentarono il 15% delle vittime. Come si può dunque notare la situazione oggi si è capovolta rispetto all'inizio del secolo e per questo la guerra "moderna" è diventata molto più disumana e ripugnante perché a farne le spese sono gli innocenti.

Libertà di stampa in Italia



Estratto tradotto da Freedomhouse
http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=251&year=2006

In Italia la libertà di parola e di stampa è garantita costituzionalmente. Tuttavia, la libertà dei media è rimasta costretta fin dal 2005 dalla concentrazione dei media nelle mani del Primo Ministro Silvio Berlusconi, che controlla il 90 per cento dei mezzi di radiodiffusione del paese attraverso le sue azioni. Nel mese di aprile del 2004, il senato ha adottato la legge di Gasparri sulla radiodiffusione, che al relativo accreditamento ha introdotto un certo numero di riforme da che dovrebbero il paese per il cambiamento previsto nel 2006 broadcasting a digitale analogue e la privatizzazione parziale della rete di radiodiffusione pubblica italiana, RAI. Tuttavia, la legge è stata criticata pesantemente poichè inefficace nel garantire la libertà di stampa in un regime di monopolio berlusconiano e di fare pochissimo per spezzare il"duopolio" di RAI e di Mediaset riguardo ai nuovi mezzi di broadcasting.
Ciò permetterebbe a Berlusconi, nella sua posizione unica, di continuare ad avere il dominio assoluto sui mezzi di radiodiffusione privati.
Nel mese di luglio del 2004, il Parlamento ha approvato la legge di Frattini, che richiama il conflitto di interesse fra l'ufficio pubblico dei ministri principali e le loro azioni di media.

Anche se questo impedisce al ministro principale di fare funzionare i suoi propri commerci, gli non impedisce di scegliere la sua propria procura, compreso un membro della famiglia.

Nel mese di gennaio del 2005, una corte a Roma ha condannato RAI per la rimozione di un giornalista della TV, Michele Santoro, in 2002. Santoro era uno dei tre giornalisti critici verso il governo che sono stati rimossi dalla RAI per "uso criminale presunto della televisione pubblica."

La maggior parte delle testate giornalistiche sono possedute privatamente ma spesso sono collegate ai partiti o a funzionari politici dei grandi media privati, che esercitano una certa influenza editoriale. I media della stampa, che consistono di parecchi giornali nazionali (di cui almeno due sono controllati direttamente dalla famiglia Berlusconi), continuano a fornire una certa varietà di opinioni politiche, comprese quelle critiche verso il governo. Tuttavia, Berlusconi influenza almeno sei delle quattordici principali testate televisive nazionali.

Mediaset monopolizza altresì i redditi della pubblicità in radiodiffusione. Nel 2004, Mediaset ha incamerato il 58 per cento di tutti i redditi della pubblicità, mentre RAI ha ricavato solo il 28 per cento. Le altre reti nazionali commerciali ricevono più o meno il 2 per cento dei redditi e le centinaia delle stazioni televisive locali/regionali complessivamente il 9 per cento.
Verso la fine del 2003, il governo ha promulgato una rinuncia provvisoria che ha rimosso una limitazione precedente su una persona che possiede più di due stazioni di broadcasting nazionali, permettendo a Retequattro, una delle tre stazioni della televisione possedute dal gruppo Berlusconi-Mediaset, di continuare il broadcasting terrestre, anzichè satellitare(!).
Il governo non limita generalmente l'accesso al Internet; tuttavia, il governo può ostruire i luoghi di Internet stranieri se contestano le leggi nazionali. Ma, dopo i bombardamenti di Londra nel mese di luglio del 2005 dagli estremisti, il Parlamento dell'Italia ha approvato una nuova legge antiterrorismo che include la sorveglianza della rete Internet e richiede una speciale autorizzazione per far funzionare un Internet-cafè.